Da onlus a Fondazione e l’importante traguardo raggiunto da La Ricerca ha avuto risonanza mediatica. Di seguito potete leggere l’intervista al nostro presidente Enrico Corti pubblicata dal quotidiano Libertà lo scorso 14 febbraio. Della trasformazione hanno scritto anche il quotidiano online piacenzasera.it (link: https://www.piacenzasera.it/2024/02/lassociazione-la-ricerca-diventa-fondazione-faremo-entrare-nuovo-ossigeno/523831/ ) e il settimanale cattolico diocesano “Il Nuovo giornale”.
Buona lettura:
A quarantaquattro anni compiuti l’associazione La Ricerca ha cambiato pelle, da onlus si è trasformata in Fondazione adottando il nome del suo indimenticato e indimenticabile fondatore.Il presidente Enrico Corti spiega motivi della scelta, percorsi intrapresi, obiettivi, difficoltà.
Siete diventati ufficialmente “Fondazione La Ricerca Don Giorgio Bosini ETS”. Perché questo cambiamento?
“E’ stato un passaggio molto importante, frutto di quattro anni di analisi e approfondimenti, confronti con esperti, dibattiti interni. L’iscrizione al RUNTS, il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, ci permetterà di rendere più costruttivo il nostro approccio alle attività sussidiarie da svolgere con il Pubblico. Volevamo mettere in salvo il nostro patrimonio valoriale, non solo economico, salvaguardare l’integrità e l’autonomia del nostro metodo educativo che punta a far crescere la dimensione umana della persona, in ogni situazione, di fronte ad ogni forma di povertà”.
L’intitolazione a don Bosini significa tenere vivo e perenne un legame che non è solo formale.
“E’ l’espressione di una volontà unanime, condivisa da quanti gli sono stati al fianco fin dall’inizio. Don Giorgio, scomparso nel 2020, resta una presenza molto viva. Non è un ricordo fine a se stesso. Senza idealizzarlo (sappiamo che non lo avrebbe voluto), capiamo ogni giorno di più quanto fosse avanti a tutti. Ci ha insegnato l’urgenza di mettere i poveri al centro, ci ha guidati a scegliere e agire nella massima libertà di pensiero, ha salvaguardato la laicità di questa associazione, che si è messa al fianco delle persone sofferenti con una modalità comunitaria, ascoltando, accogliendo senza giudizi, con fiducia, ispirata a valori cristiani e umani: nelle dipendenze, nelle fragilità psichiatriche, a fronte della carenza educativa negli adolescenti oggi particolarmente grave, nelle malattie croniche invalidanti come l’aids, nelle situazioni familiari in forte crisi relazionale, al fianco di donne sole con bambini, e di persone che hanno perso tutto anche la casa…”
Avete scelto di diventare una Fondazione di partecipazione. Che cosa comporta?
“Saremo sottoposti a maggiori controlli: lo vedo come una garanzia per tutti. Avremo anche modi di aprirci maggiormente. Perché se è vero che nel Cda non potranno più entrare i dipendenti, che comunque potranno far parte dell’assemblea dei soci con ampi poteri di indirizzo, è altrettanto vero che potremo far entrare componenti esterni, coinvolgere universitari, esperti culturali, terapeuti…il che ci permetterà di trovare più alleanze nel tessuto sociale. Costituiremo anche un Comitato tecnico consultivo dove dipendenti, soci ed esterni porteranno contributi e suggerimenti. Insomma c’è spazio per fare entrare nuovo ossigeno, rigenerarci”.
Nel segno di una continuità di valori.
“Beh, certamente. La nostra anima è educativa, l’attenzione massima è all’Uomo. Lancio una provocazione: spero di non dover mai avere un bilancio in attivo perché vorrebbe dire che non abbiamo speso tutto ciò che abbiamo per le povertà. Noi non dobbiamo distribuire utili, ma aiuti”.
Le radici restano sempre nel volontariato.
“La presenza dei volontari è di enorme importanza. Ce ne sono un centinaio: mantengono la memoria storica e soprattutto testimoniano il valore della gratuità ad ogni età”.
Come state in salute?
“Siamo diventati grandi. L’associazione, d’ora in poi Fondazione, è un’azienda a tutti gli effetti con 75 dipendenti, più altri 15 che sono gli operatori della cooperativa a noi collegata Cotepi. Siamo presenti tra i giovani e nel mondo adulto in diverse forme: con i Servizi Educativi raggiungiamo un migliaio di adolescenti e preadolescenti nelle scuole medie e superiori, oltre che nei diversi Centri educativi e di aggregazione della provincia. Con l’Area di consulenza e ascolto ArCA abbiamo aperto un canale diretto con chi chiede aiuto per i problemi più disparati. La media è di una sessantina di colloqui al mese, organizziamo gruppi di terapia, percorsi di Auto-Mutuo-Aiuto per lutto, caregiver, genitori divorziati, familiari di tossicodipendenti, e progetti di Welfare aziendale. E poi ci sono le comunità terapeutiche: “La Vela”, per il recupero dei tossicodipendenti al momento ospita nove persone, quella per chi ha complicanze psichiatriche, “Emmaus”, ne accoglie quattordici, di cui dieci inviate dal Servizio Dipendenze dell’Ausl, nella Casa accoglienza per malati di aids “Don Venturini” ne vivono dieci, e nelle comunità per donne con bambini “Luna Stellata” e “Stella del Mattino” vi sono venticinque mamme e figli”.
Quali problematiche vi trovate ad affrontare?
“Rimanendo sussidiari alla Sanità come gestori di Servizi sanitari e sociosanitari, ne stiamo subendo i vari tagli. Da metà 2023 ci è stato decurtato il 20 per cento degli introiti, un calo derivante dalla riduzione di accessi, in particolare nelle comunità per tossicodipendenti “La Vela” e di doppia diagnosi “Emmaus”. Un ridimensionamento a senso unico perché comunque dobbiamo continuare a mantenere gli stessi requisiti professionali e di spesa richiesti per l’accreditamento. Tra l’altro il 2024 è l’anno dell’introduzione del nuovo contratto di lavoro: il che comporterà un aumento della spesa del personale di circa il 10 per cento. Il divario che si è venuto a creare tra entrate e uscite va colmato. La raccolta fondi non è poi così immediata: oggi difficilmente troviamo sostegno, perché ormai la droga è percepita come un fenomeno che rientra nella normalità, non è più come 10, 20, 30 anni fa quando tante persone e aziende sostenevano le nostre attività per riportare i tossicodipendenti a una vita normale. E chi comunque sta vivendo situazioni di dipendenza grave – ce ne sono sempre di più – fa fatica a trovare aiuto. Magistrati e Forze dell’Ordine lo dicono chiaramente: la domanda di sostanze, in particolare di cocaina, è sovrabbondante rispetto all’offerta. Segno di un disagio sempre più strisciante. Come farvi fronte? Ci siamo noi, sì, c’è la Sanità pubblica con cui cerchiamo di collaborare nel rispetto delle reciproche identità. Ma a volte ci sembra di svuotare il mare con un bicchiere”.
Che cosa c’è nel futuro della “Fondazione Don Bosini”?
“Vogliamo continuare a dare risposte alle nuove povertà, perché è nel nostro dna. Il disagio giovanile apre campi di ricerca e di intervento che esigono sempre nuove modalità di azione. Si stanno diffondendo forme di sofferenza di natura psichiatrica, che è poi l’altra faccia della normalizzazione del consumo di droga. Ai tossicomani per così dire tradizionali si sono aggiunte persone socialmente inserite che lavorano, hanno famiglia, professionisti, dirigenti d’azienda…che consumano cocaina, psicostimolanti, psicofarmaci. E poi c’è tutto il grande tema della solitudine, legato alla povertà di relazioni, allo sfaldarsi delle famiglie, alla crisi economica, ai disagi abitativi, alle dipendenze da sostanze, alcol, gioco d’azzardo, all’autoesclusione sociale. Crescono i bisogni di aiuto, ma abbiamo sempre meno risorse. Penso alla nostra comunità “La Vela”, dove come ho detto ci sono stati inviati nove utenti, così la struttura, che è in grado di offrire trenta posti, resta in gran parte vuota nonostante il bisogno”.
Che cosa vi aspettate dalla comunità piacentina e dalle istituzioni?
“Crediamo che la comunità civile debba farsi carico dei fragili. A fronte del dilagare del disagio giovanile, dalle Forze dell’Ordine all’ultima parrocchia, abbiamo delle risposte da dare, ognuno deve metterci il suo pezzo, con la fiducia che stiamo lavorando su temi comuni. La risposta ai bisogni deve venire da tutti, non può essere delegata a qualcuno per lasciare la buona coscienza ad altri”.
Tiziana Pisati
quotidiano Libertà del 14 febbraio 2024