Utenti consapevoli o zombie che non sanno distinguere una notizia da una fake news? I nativi digitali non esistono. E’ il titolo e il nucleo del libro del ricercatore di pedagogia Cosimo Di Bari, che sottolinea come sia “la tecnologia a essere geniale” e che “quel bimbo di oggi è identico a un suo coetaneo di cento anni fa” e “non ha una maggiore propensione verso gli schermi, non è tecnologicamente più portato né più versatile, tantomeno ha subito cambiamenti a livello neurologico”.
Alessio Lana ne parla in un articolo sul “Il Corriere della Sera” e, sempre citando, Di Bari afferma che “ciò che è cambiato davvero tra un bimbo di oggi e uno di cent’anni fa sono i genitori e il mondo che ha intorno” con “schermi ovunque: tv, computer, tablet o smartphone”. “Aggregando i dati provenienti da diverse fonti – scrive – si scopre che oggi il 35% dei bambini di età inferiore ai 2 anni usa tablet o smartphone per vedere video online. Nel 2013 erano solo il 10%”. Eppure fino ai sei mesi tali strumenti dovrebbero essere vietati “perché portano a estraniarsi dal contesto in cui si vive e abituano prestissimo a esserne dipendenti”.
Secondo Di Bari l’età ideale per iniziare a maneggiare dispositivi digitali è intorno ai due anni, Ma come creare utenti consapevoli, che sanno staccarsi dallo schermo e volgere lo sguardo altrove, e non zombie che non sapranno neanche distinguere una notizia da una fake news (più del 55% dei ragazzi tra 10-18 anni cade nella disinformazione digitale)? Per Di Bari usare gli schemi come tate digitali è deleterio ma anche essere troppo invasivi è sbagliato. “Si deve sorvegliare ma non spiare: possiamo guardare il cartone con nostro figlio senza chiedergli ogni volta cosa sta dicendo o facendo il tal personaggio. Poi, quando è finito, discuterne e pensare ad attività concrete collegate a esso”.
Per portarli a essere competenti, un’altra attività consigliata da Di Bari è “incoraggiare a usare la fotocamera, magari mentre si è in natura, spiegandogli cosa accade quando si preme il tasto di scatto, come cambia il mondo a seconda dell’inquadratura e come il digitale si possa integrare con l’analogico. Poi a casa, rivedere e commentare le sue opere sullo schermo per rileggere l’esperienza vissuta”.