Dalla competizione alla collaborazione. Così scrive “Buone Notizie” de “Il Corriere della Sera” a proposito del “grande cambiamento” che attende enti pubblici e terzo settore con l’obiettivo di garantire servizi innovativi e migliori. L’articolo di Paolo Riva riporta le parole della portavoce del Forum terzo settore Vanessa Pallucchi, secondo cui “oggi è ancora evidente la differenza tra la potenzialità formale e l’agire concreto dello strumento dell’amministrazione condivisa”, il cui percorso comincia nel 2017 con l’articolo 55 del nuovo codice del terzo settore, che parla di un “coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di coprogrammazione, coprogettazione, accreditamento”.
L’idea di fondo – scrive Riva “è superare le dinamiche competitive che hanno caratterizzato il rapporto tra enti pubblici e del terzo settore negli ultimi vent’anni”. “La modalità principe di queste dinamiche – spiegail ricercatore di Euricse Giacomo Pisani– è la gara d’appalto, che privilegia la prestazione sulla risposta al bisogno. In una logica tutta incentrata sulle risorse economiche, però, le specificità del Terzo settore rischiano di perdersi”. Per questo, come spiega il sito Cantiere terzo settore, con il nuovo codice “enti pubblici ed enti del Terzo settore non sono più metaforicamente seduti dalla parte opposta di un tavolo a contrattare i termini di una compravendita, ma dalla stessa parte”.
Come osserva l’articolo, dopo che nel 2020 unasentenza della Corte costituzionale ha confermato la bontà dell’articolo 55, le esperienze di coprogrammazione e coprogettazione hanno iniziato a diffondersi. L’istituto Euricse ha già pubblicato due ricerche sulla materia mentre una terza è in uscita nei prossimi mesi. Continua l’articolo: “L’intento, ha scrittoil presidente emerito Carlo Borzaga, è capire cosa deve cambiare nelle procedure per applicare in concreto l’articolo 55, evitando che prevalga la tentazione di limitarsi a camuffare vecchie pratiche competitive con il nuovo vestito”.
“In concreto – afferma – la coprogrammazione riguarda il disegno complessivo delle politiche, mentre la coprogettazione definisce i singoli servizi. La prima dovrebbe anticipare la seconda, ma, per il momento, le coprogrammazioni sono molto meno numerose delle coprogettazioni. Queste ultime, si legge nella prima ricerca di Euricse, sono utilizzate per ‘servizi e interventi molto variegati. Si va da piccole iniziative sporadiche come l’organizzazione delle colonie estive fino a servizi molto strutturati nel campo classico dei minori e delle famiglie’. L’istituto ha selezionato venti esperienze in sette regioni e le ha esaminate con interviste ai protagonisti”.
L’articolo entra quindi nel dettaglio dei casi indagati affermando attraverso le parole di Fazzi, docente dell’Università di Trento e coordinatore della ricerca, che “solo tre hanno avuto pieno successo, sette sono state le situazioni ibride e dieci i fallimenti”. “Le amministrazioni pubbliche – prosegue – sono solo in parte pronte ad adottare nuovi stili di governance e d’altro canto il terzo settore è solo in parte espressione della società civile e capace di leggerne i bisogni”. “Le coprogettazioni – prosegue la ricerca – sono utilizzate per gestire più tipologie di interventi e servizi non solo necessariamente nuovi o complessi”. Inoltre, “permangono forme di relazione più tradizionali con un ente di Terzo settore come interlocutore unico delle pubbliche amministrazioni». Questo aspetto è particolarmente problematico: l’amministrazione condivisa prevede un maggiore coinvolgimento del terzo settore perché si pensa che questo garantisca maggiore conoscenza dei bisogni e quindi risposte migliori. Perciò è importante che faccia rete”.
“La sfida per i nostri enti – riprende Pallucchi nell’articolo di “Buone Notizie” – percepirsi non come tanti singoli componenti di un insieme, ma come soggetti capaci di costruire insieme un’idea di territorio e di comunità». Per farlo, serve fiducia che, è fondamentale, secondo Daniela Freddi, responsabile del Piano per l’Economia Sociale della Città Metropolitana di Bologna. Il capoluogo emiliano è uno dei luoghi dove si sta facendo di più in termini di amministrazione condivisa. “Prima – continua la responsabile nell’articolo – tutti gli enti del Terzo settore erano in competizione per gli appalti, ora si chiede loro di collaborare. Non si può cambiare da un giorno con l’altro. Serve che la pubblica amministrazione svolga un ruolo di coordinamento e di garante”.