LA TRAPPOLA SCATTA E TI IMBRIGLIA SE HAI MENO RISORSE EDUCATIVE E PROBLEMATICHE EMOTIVE
Se un adolescente consuma abitualmente cannabinoidi, è probabile – almeno una volta su quattro – che possa diventare dipendente da sostanze. Le probabilità si riducono in età adulta: uno su dieci rischia di passare alla tossicodipendenza. Che l’abuso di cannabinoidi in adolescenza comporti conseguenze fisiologiche, neurologiche e psichiche con pesanti ricadute non solo nella crescita personale e relazionale dell’individuo, ma anche nella sfera sociale, è un dato di fatto supportato da evidenze scientifiche. Se ne è parlato diffusamente al confronto aperto con un esperto in materia, lo psichiatra Flavio Bonfà, già direttore del Sert dell’Ausl piacentina, una lunga esperienza nel campo delle dipendenze e attualmente consulente e direttore sanitario delle comunità terapeutiche convenzionate che l’associazione La Ricerca gestisce sul territorio.
AL BANDO LE ETICHETTE MORALI – Nelle parole dell’esperto una preoccupazione da rimarcare: “Qui non si tratta né di criminalizzare né di depenalizzare. Siamo di fronte ad un problema rilevante di sanità pubblica”.
5,9 milioni i consumatori di cannabinoidi in Italia nel 2018. In quest’ultimo anno: in Europa i maggiori consumatori rappresentano il 15,4 per cento della popolazione tra i 15 e i 34 anni, l’Italia è ai primi posti salendo al 19,2 per cento.
Varietà, prezzi bassi, fidelizzazione – I cannabinoidi hanno elevate concentrazioni di principi attivi, ancor di più quelli sintetici che sono molto più potenti del Thc, il tetraidrocannabinolo, responsabile degli effetti psicoattivi della cannabis, e vengono prodotti per ovviamente alzare i profitti anche perché avendo una maggior concentrazione di sostanze attive facilitano la dipendenza. La loro diffusione è dilagata negli ultimi quindici anni. Ne esistono infinite varietà, procurarsene è facilissimo, complici anche i siti online e i prezzi bassi.
Pensi di farti una canna e invece ti stravolgi: se 60 anni fa era come bere una brocca di birra oggi è come bere la stessa brocca ma di un superalcolico.
“L’assunzione di cannabis, di alcol e di droghe nel periodo adolescenziale modifica la funzione di alcuni tipi di neuroni nel momento in cui la loro normale attività è importante per creare o eliminare connessioni tra di loro”
“E’ ragionevole pensare che l’assunzione di queste sostanze possa produrre delle alterazioni nello sviluppo del cervello con delle conseguenze funzionali sullo sviluppo psicologico dell’adolescente”
“Questi effetti dovrebbero essere considerati nell’approccio socioculturale al problema prima ancora che legislativo”
NIENTE DELEGHE, SIAMO TUTTI CHIAMATI A FARE LA NOSTRA PARTE – Davanti ad un pubblico costituito principalmente da educatori, genitori, insegnanti, l’incontro organizzato dalla Ricerca e ospitato nell’aula magna dell’Isii Marconi, ha centrato l’obiettivo che si era prefissato: riflettere sul fenomeno del consumo di cannabis in adolescenza fuori da ogni retorica, presa di posizione e dibattito squisitamente politico. Questo ha consentito di mettere ben a fuoco un punto condiviso che è cruciale: l’urgenza educativa, come ha sottolineato il presidente della onlus Enrico Corti: “Bisogna arrivare a far sì che i nostri ragazzi riescano a sostituire l’invasività delle sostanze con altri valori, aiutarli a cercare un piacere diverso del vivere. Siamo tutti chiamati a fare ognuno la propria parte per ciò che ci compete: associazioni come la nostra, le agenzie educative, le scuole, le parrocchie, gli ambienti sportivi… dobbiamo impegnarci ad aiutare le persone a capire che cosa vuol dire stare bene nella vita. E’ una scommessa enorme, ma che si può vincere nell’impegno quotidiano, costruendo relazioni, contatti, costruendo una rete di vicinanza e attenzioni, dove ognuno dall’insegnante al negoziante, al sacerdote all’allenatore di calcio possano contribuire a creare consapevolezza di questo”.
“Hashish e marijuana in adolescenza sembrerebbero essere più dannosi: i principi che producono alterazione dello stato mentale (THC) vanno ad agire su recettori specifici che si trovano nel cervello”
“Si trovano in zone del cervello che hanno a che fare con funzioni complesse come la formazione del giudizio, la percezione di piaceri, la capacità di apprendere o di memorizzare ed il movimento“
LE CATTIVE COMPAGNIE NON C’ENTRANO – Quando e come capire se si ha bisogno di aiuto? “L’epidemiologia definisce consumatore di sostanze una persona che vi ricorre almeno 11 volte in un anno”.
Come si diventa dipendente? “Ogni caso è a sé – – spiega lo psicoterapeuta Mauro Madama, responsabile dei servizi La Ricerca -. C’è una predisposizione personale, determinanti sono le condizioni familiari e le problematiche emotive, fuorviante prendersela con le famose “cattive compagnie”. La cannabis riesce ad aprirsi varchi dove c’è carenza educativa, dove si è rotta l’alleanza scuola-famiglia, dove c’è analfabetismo affettivo”.
Ci sono anche degli indicatori di cui tenere conto, “riguardano la tenuta nella vita quotidiana, il rendimento scolastico, il disamore per ogni tipo di attività sociale, la partecipazione alla vita familiare: se vengono meno significa che le sostanze stanno prendendo piede”.
C’è un’ampia scala di tipologie di consumo, una gradualità delle forme di dipendenza, una diversificazione complessa e una complessità – scusate il gioco di parole – nel consumo che negli ultimi dieci anni ha visto moltiplicarsi la poliassunzione (mix di sostanze e alcol).
MA PRIMA DI CHIEDERE AIUTO PASSANO ANCHE 4-5 ANNI… “Dal consumo problematico di sostanze alla richiesta di aiuto ai Servizi trascorrono in media 4-5 anni”. L’evidenza balza agli occhi: nei percorsi di recupero, educativi e ancor più in quelli riabilitativi per i casi più avanzati, la tempistica fa la differenza: prima si interviene, meglio si riesce ad affrontare le problematiche che stanno dietro il consumo di sostanze. “Per questo dobbiamo essere acceleratori di processo nella richiesta di aiuto: la nostra funzione, la funzione della rete delle agenzie educative, è anche quella di veicolare all’aiuto quelli che più difficilmente arrivano ai servizi”.
SIAMO PRODUTTORI NATURALI DI…CANNABINOIDI – Noi – ci ha ricordato il dottor Bonfà – produciamo cannabinoidi naturali, che si attivano per riequilibrarci di fronte a stress, fatica fisiologica, psichica. Quando facciamo la doccia dopo una bella corsa, ad esempio, produciamo endorfine, o se stiamo immersi nella natura, una bella passeggiata nel bosco, una risata di gusto tra amici, durante l’orgasmo, o quando ci ricongiungiamo con persone che si prendono cura di noi…Ecco allora produciamo sostanze simili alla cannabis”.
“Il sistema endocannabinoide si attiva nel controllo motorio (coordinamento), nelle funzioni cognitive (attenzione, memoria, apprendimento), nella percezione del dolore, nella regolazione dell’equilibrio energetico, assunezione del cibo, regolazione dell’appetito, per la modulazione della secrezione endocrina, nella fertilità, nella funzione cardiovascolare (azione vasodilatatoria e ipotensiva)”