Soli, abbandonati a se stessi o, se va bene, a un familiare. E’ la triste situazione dei bambini con un genitore affetto da un disagio psichico che gli impedisce di occuparsi dei figli, della famiglia, della casa. Spesso non riesce neppure ad alzarsi dal letto. Ne parla Chiara Daina su “Buone notizie” del “Corriere della Sera” riferendo del progetto Semola, promosso dall’associazione Contatto onlus nel 2013 e attivo nei tre centri psicosociali dell’Asst Niguarda di Milano. Un centinaio le famiglie prese in carico finora.
I ragazzi che vivono in un contesto del genere sono costretti a fare da soli i compiti, prepararsi da mangiare, in una parola si devono arrangiare nel quotidiano. Capita che soffrano di depressione e ansia ma possono sorgere anche disturbi alimentari o comportamentali ed occorre porre attenzione all’abuso di sostanze e alcol. “La mamma è sempre triste”. “Il papà non lavora”. Il bambino di fronte a questi comportamenti non sa darsi una spiegazione e, come spiega, Francesca Tasselli, psicologa e responsabile del progetto, “si costruisce in testa una sua spiegazione che può portarlo ad avere un senso di colpa per qualcosa che non dipende da lui”. Ecco perché metterli a conoscenza del problema del genitore può aiutarli, diventa “un fattore protettivo nei loro confronti, li aiuta a codificare correttamente la realtà, senza sentirsi responsabili”.
Il programma, nato nei Paesi scandinavi, prevede due fasi: nella prima i genitori e gli adulti conviventi sostengono tre incontri con uno psicologo e un educatore sull’importanza di parlare ai figli del loro disagio e analizzano l’impatto della malattia sulla famiglia; nella seconda, di cinque-sei incontri, vengono ascoltati individualmente i figli . Infine genitori e figli esprimono in libertà i loro bisogni-
Dice una mamma nell’articolo: “È stato utile rivelare a mio figlio tutta la verità sulla mia malattia. Quel confronto ci ha uniti, oggi mi chiede come sto e non si spaventa più per le mie crisi. Prima non mi ha mai chiesto niente e io non trovavo le parole per spiegare la mia sofferenza ma alla psicologa ha confessato di avere l’incubo che potesse succedere anche a lui di stare male in quel modo atroce».
L’associazione Contatto onlus è impegnata nella formazione di operatori interessati a replicare in altre parti d’Italia lo stesso modello di intervento..