L’assurda morte di una bambina di dieci anni, ha suscitato sgomento e un mare di interrogativi collegati ad adolescenti e web. Due mondi che si intrecciano sempre di più. Il padre della bambina è convinto che quel gioco che le è costato la vita sia scaturito da quel mondo. Una tragedia che ha immediatamente chiamato in causa il ruolo dei genitori. Lui ribatte ai giornali: “Controllarli? Ma se c’è la fiducia, se c’è il dialogo che avevo con mia figlia, non ti metti a controllare”. Antonella viene descritta come una bambina “solare e studiosa”, gli insegnanti sottolineano come la mamma fosse “attenta e premurosa”. Nella sua scuola c’è dolore tutte le classi sono state guidate in “una riflessione sui pericoli della rete”.
Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, osservando come il dramma si sia “consumato in casa, nel luogo più sicuro per un bambino”, rileva che “viviamo in un ambiente digitale che ogni giorno genera infiniti messaggi sui quali è impossibile avere il controllo assoluto e chi sta crescendo impara a decodificarli nel qui ed ora dell’esperienza, senza manuali di istruzioni”. Rimarca inoltre che “in preadolescenza e per tutta la prima adolescenza il cervello ha una grande fame di sensazioni estreme” e “il confine tra vita e morte smette di essere percepito in modo realistico, all’interno di sfide intraprese nella totale inesperienza che connota questa età”.
“L’aspetto che più degli altri deve farci riflettere – continua – è che nei social i nostri figli sono soli. Sono in contatto virtuale con centinaia e migliaia di altri follower, ma nella realtà sono soli con se stessi”. “Per noi genitori – conclude – sostenere la crescita dei nostri figli in un mondo che rende finto tutto è sempre più difficile”.