Una telefonata dei carabinieri e, con incredulità, scopre che “la sua bambina” di 14 anni “è una bulla che va in giro a picchiare le coetanee”. La storia viene raccontata da “La Stampa” del 1° febbraio 2022 con un’intervista al padre. Una vera e propria gang di sei ragazze con tanto di nome. Botte, rapine e video sui social delle aggressioni che hanno un seguito di circa seicento giovanissimi.
C’è da rimanere sgomenti se non fosse per il fatto che gli episodi che vedono protagonisti bande di picchiatori – anche ragazze – si moltiplicano in centri grandi e piccoli. Il padre dice di aver provato a parlare con la figlia ma di non esserci riuscito. Ora ha mobilitato i media anche per lamentare l’assenza delle istituzioni. Afferma di sentirsi abbandonato e intende promuovere un’associazione di familiari dei bulli al fine di segnalarli alle forze dell’ordine.
Separato, racconta nell’intervista che ha preso coscienza di quella che chiama “ribellione adolescenziale” quando l’ex moglie lo chiamò dopo essere stata insultata dalla figlia che era scappata di casa. Era l’inizio di una bruttissima avventura. Cominciarono ad arrivare telefonate di genitori di coetanei aggrediti dalla gang della quattordicenne, vi fu anche una chiamata dei carabinieri che l’avevano sorpresa a rubare in un negozio d’abbigliamento. “Ma i soldi non le mancano” dice l’uomo. I tentativi di parlarle si rivelarono inutili. Opponeva un netto rifiuto. Anche il coinvolgimento di uno psicologo non ha dato risultati.
Il gruppetto compie azioni violente, le filma e carica i video sui social. Il padre afferma che la ragazza ora ce l’ha con lui perché ha reso pubblica la sua esperienza e gli rivolge accuse di averla abbandonata anche se, prosegue nell’intervista, lui cerca di tenere aperti i rapporti. “Non voglio che rovini la sua vita e quella degli altri”. Chiama in causa il lockdown,. Un isolamento che ha nei cellulari l’unico ponte verso l’esterno. “I giovani hanno accumulato tanta rabbia e ora la stanno sfogando” dice.