CUSTODIRE OGNI VITA*
Il messaggio della CEI per la 44ª Giornata nazionale della vita che celebreremo domenica 6 febbraio, è dedicato a un tema che ci è particolarmente caro, perché costitutivo della nostra identità: la cura dell’altro. Abbiamo fatto una riflessione sul tema con le operatrici delle comunità Luna Stellata e Stella del Mattino che con il loro lavoro quotidiano si prendono cura della vita.
Il tempo che stiamo vivendo ci spinge a farci domande di senso sulla vita e sul modo in cui viviamo, un susseguirsi di giornate che passano rapidamente e che gustiamo poco. Una vita che la malattia incurabile e quella inguaribile mostrano fragile e sfuggevole, riempiendoci di incertezza. Malattia, però, non è solo ciò che ammala il corpo: tutto ciò che toglie salute, ovvero integrità, benessere alla persona, è da considerarsi malattia. Soffriamo infatti malattie fisiche, spirituali, relazionali, sociali. Chi sta vicino agli ammalati, chi con loro condivide momenti di sofferenza fisica e interiore, se ne accorge e talvolta si immedesima nelle paure e nelle speranze di coloro che accudisce. Sono esperienze reali che fanno comprendere aspetti profondi della vita, la cui validità è universale. In primo luogo ci dicono che ogni vita umana ha bisogno di sentirsi custodita. Di fronte alla constatazione della propria non autosufficienza, sperimentata fin dalla nascita, l’essere umano ha bisogno che «qualcun altro si prenda cura di lui, che custodisca la sua vita dal male, dal bisogno, dalla solitudine, dalla disperazione». Fossimo stati soli, ora non esisteremmo.
Papa Francesco ci ricorda che «la vocazione del custodire … ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti».
Nella custodia e nella cura per la vita altrui, l’essere umano acconsente e collabora a un dovere naturale e ripropone con il suo agire la cura della quale egli è stato oggetto. Accoglie, accompagna, sostiene e incoraggia. «custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!» Non occorre pensare che la custodia-cura per l’altro si manifesti solamente con azioni eccezionali. È l’impegno costante nell’ordinarietà della vita quotidiana a dirci quanto ci curiamo degli altri.
Abbiamo riflettuto su questi temi con le operatrici delle comunità Luna Stellata e Stella del Mattino che quotidianamente si prendono cura delle giovani madri e dei loro bambini. Insieme agli appartamenti per chi ha terminato il percorso in comunità, le due strutture sono una realtà tra le più complesse dell’associazione. Alla cura per le giovani madri sostenute nel loro percorso genitoriale si affianca la custodia dei bambini (attualmente ci sono molti neonati) e la cura per le relazioni interpersonali tra le operatrici:
Loretta, responsabile della comunità, a Luna Stellata da 23 anni, concorda con il messaggio per questa 44a Giornata della vita: la chiamata a custodire la vita umana è innata nell’essere umano ed è percepita come dovere morale universale. Ma come spiegare le fatiche quotidiane delle giovani mamme nel prendersi cura dei propri bambini?
Monica sottolinea che molte delle mamme non sanno prendersi cura di se stesse; questo è uno dei nodi da risolvere affinché sappiano poi curarsi dei propri figli.
Gisella evidenzia che è la vita, con le sue esperienze, a far riconoscere a ciascuno il valore che possiede. Non possiamo dare per scontato che una persona riconosca automaticamente un valore positivo alla vita: le esperienze negative e le ferite che si porta dentro possono spingerla a considerare per nulla bella l’esistenza. Dunque, come può custodire la vita chi della vita ha un giudizio negativo?
Veronica si spinge oltre: custodire la vita presuppone che ci sia stata vita; quando la vita ha avuto le sembianze della morte, occorre prima trasformare un vissuto di morte in vita. Occorre la risurrezione. Forse è questa la maggior fatica che le mamme che vivono in comunità devono affrontare. Imparare la cura per se stesse è una sfida. Custodire la vita del proprio bambino è una sfida. Tuttavia, la fatica maggiore non sta in un’arte da imparare (essere genitore), bensì nel cambio di prospettiva. Saper vedere il bello nella propria vita è presupposto necessario alla custodia della vita propria e di quella altrui. Ed è proprio questo – afferma Rosa – l’obiettivo principale delle due comunità: farsi accanto a chi ha perso, o non vede più, il bello della propria vita, aiutandolo a ritrovarlo. Le fatiche sono tante anche per le operatrici.
Benedetta sottolinea che non è sempre facile essere persone positive all’interno della comunità. Anche chi vi lavora ha la propria vita, con i suoi pesi. A volte non si riesce a lasciarli fuori dal lavoro, e, per questo, non sempre si riesce a donarsi come si vorrebbe a tutte le giovani mamme e ai bambini. Quando si prende consapevolezza di ciò, conclude Katia, viene un po’ di rimorso, ma poi si è pronti a rilanciarsi nel compito bello dell’aver cura dell’altro.
Don Alessandro Ponticelli (assistente spirituale dell’associazione La Ricerca) e l’équipe di Luna Stellata e Stella del Mattino