Un’area di spaccio di 52mila ettari. Prevalentemente boschiva, divenuta progressivamente area criminale dominata da marocchini. Morti ammazzati, faide, armi, ragazzini soldato, macchine di lusso. Due mondi: quello sopra fatto di passeggiate e famigliole, quello sotto di tossicodipendenti, grotte, tende. Ne parla Andrea Galli sul “Corriere della Sera”, raccontando delle petizioni dei cittadini, degli appelli dei sindaci perché la zona venga restituita alla legalità, delle inchieste giudiziarie. Qui qualche sera fa un carabiniere ha ucciso un immigrato. “Una questione – scrive Galli – che, al netto del disastro sociale di certi angoli di provincia divorati dalla droga come succedeva negli anni Ottanta, si fa portatrice di ulteriori temi”.
Gli spacciatori vanno e vengono dal Marocco, immediatamente sostituiti quando tira brutta aria, cosicché gli inquirenti che aprono un’indagine su determinati soggetti scoprono che nel frattempo sono spariti. A far da sentinelle nei punti chiave – dice l’articolo – sono spesso quei ragazzini-soldato, giunti in Italia da soli, vaganti tra comunità e carceri. Vi sono poi – prosegue – i cosiddetti “sottomessi” incaricati di accompagnare il tossicodipendentefra gli alberi scelti per la consegna. C’è chi dorme nelle case dismesse, conseguenza dello spopolamento delle valli, altri hanno preso provvisoria dimora da donne prive del denaro per pagarli, e son rimasti lì, a dettare ordini e pretendere che vengano soddisfatti.