Anna Rosa Besana e Rossella Gattinoni, docenti di Lettere dell’IISS A. Greppi di Monticello in Brianza (Lecco), sono intervenute su “Buone Notizie”, inserto settimanale del martedì de “Il Corriere della Sera”, su un tema già oggetto di dibattito e cioè la situazione post-covid vista, in particolare, sotto il profilo delle “relazioni tra docenti e alunni, non esclusi gli altri attori coinvolti nel processo educativo”. Riportiamo una sintesi del loro intervento incentrato sulle considerazioni più collegate al tema delle relazioni.
“È evidente come la fine dell’emergenza Covid non possa aver ripristinato tale e quale il sistema precedente, nonostante il ritorno in presenza e a pieno regime. L’entusiasmo della prima campanella a settembre si è un po’ smorzato nella quotidianità della vita scolastica, quando, oltre alle lacune pregresse di natura didattica, si è dovuto subito fare i conti con i deficit relazionali. Ciò è apparso particolarmente evidente negli inizi cicli, parlando delle scuole superiori, nell’ingresso alla classe prima. Mai visto studenti così deprivati e immaturi da un punto di vista dei rapporti, e non solo con i docenti, ma anche con le altre figure scolastiche: compagni, personale ATA, dirigenza. Come se il «liberi tutti» avesse scatenato pulsioni represse e fatto emergere il rimosso di relazioni interrotte. Fare lezione è così risultato estremamente faticoso, non solo in termini di trasmissione di contenuti e competenze, quanto nel ripristinare un ordine e una modalità di approccio alla scuola minimamente consapevole e fecondo per l’apprendimento.
“Così la platea delle classi ha mostrato un aumento di casi di alunni con problemi gravi caratterizzati da condotte turbolente, pericolose e indisciplinate e scarsa capacità di concentrazione. E questo non si verifica, come in precedenza, nei contesti «fragili» già segnati da dispersione scolastica, ma in situazioni, per così dire, privilegiate. Impreparati, dunque, all’emergenza, i docenti si trovano a gestire studenti «borderline», talvolta da ospedalizzazione, per i quali si renderebbe necessaria una rete di supporto che spesso è carente; e non vi si può far fronte nemmeno con i soli docenti di sostegno, spesso pochi e alle prese con un numero crescente di casi. Se aiuti incisivi mancano, è forse perché ci si culla ancora nell’immagine idealizzata del docente- accudente che con la comprensione può risolvere tutto. Ma non è così; ben altri dovrebbero essere gli strumenti da mettere in campo per il contenimento del disagio.
“Nella pratica quotidiana, purtroppo, si è fatta esperienza di una distanza incolmabile tra settori diversi: psicologi e psichiatri ospedalieri non possono avere piena consapevolezza di cosa voglia dire, nel concreto, insegnare. Capita così che la necessità di un insegnamento altamente individualizzato, suggerito dall’esperto ospedaliero, risulti impraticabileperché è impossibile l’affiancamento quasi esclusivo del docente all’alunno in difficoltà, nel contesto di classi di 30 persone che non sono certo robot da disattivare con un click. Questo scatena nel docente una serie di sentimenti che possono andare dalla frustrazione all’ansia, motivata dal desiderio di sostenere e aiutare i singoli alunni senza perdere la visione e il controllo della classe in toto. Se poi si aggiunge che le programmazioni previste dal Ministero sono corpose, sempre più fitte e ricche di competenze da conseguire, il senso di malessere non fa che crescere. E non si pensi che i ragazzi senza specifiche turbe specifiche non abbiano difficoltà emotive cui il docente deve prestare attenzione: fare esperienza della fatica di vivere dei compagni non è solo occasione di crescita, talvolta può essere, piuttosto, detonatore di malesseri tipici dell’adolescenza che finiscono per acuirsi. È proprio in questi casi che si avverte la mancanza di una rete di supporto per i docenti e le classi. Lo psicologo della scuola, quando presente, spesso non basta ed è oberato dalle emergenze.
“Alla luce di tutto ciò, si potrebbe, almeno in prima battuta, attuare un semplice provvedimento, come segno della effettiva considerazione delle difficoltà emerse: ridurre il numero di studenti per classe per lenire il carico emotivo degli insegnanti e favorire una virtuosa prassi didattica e relazionale”.