Aprile è il mese dedicato alla prevenzione dell’alcolismo, utile a far riflettere le persone sui rischi legati a un consumo eccessivo di bevande alcoliche, così come a combattere lo stigma verso chi sperimenta una vera e propria dipendenza, che condiziona pesantemente la salute fisica e psichica.
I dati dell’Istituto superiore di sanità (Iss) relativi all’ultimo anno destano parecchia preoccupazione. L’acquisto di bevande alcoliche ha fatto segnare aumenti anche del 180% nel periodo marzo-dicembre 2020, e questo dato, seppure temperato dal minore consumo nei luoghi pubblici a causa della prolungata chiusura di bar e locali, suggerisce non improbabili correlazioni con le ansie legate al lockdown e più in generale alla pandemia.
Gli esperti sottolineano infatti che l’alcol è fra le sostanze cui maggiormente si ricorre come forma di auto-medicazione in caso di stress e disagio psicologico. Inoltre, a inizio pandemia, le agenzie di salute pubblica hanno dovuto contrastare, attraverso specifiche campagne informative, il diffondersi di fake news che indicavano negli alcolici addirittura una possibile risposta terapeutica al Covid.
Nel 2019 si stimavano in 8 milioni e 700mila i consumatori di alcol problematici, cioè a rischio di cadere in forme di dipendenza, oggi secondo l’Iss sono più di 10 milioni: una crescita repentina e allarmante. Non solo: circa il 20% delle persone che, grazie a un percorso terapeutico, erano uscite dalla dipendenza, nel corso del 2020 hanno segnalato delle ricadute.
Il problema è trasversale alle fasce d’età. Se un anno fa erano circa 800mila i minorenni che dichiaravano di consumare alcol, oggi hanno superato il milione. Mentre il monitoraggio sulle abitudini degli anziani rileva che gli ultra sessantacinquenni che bevono alcolici sono passati dal 39% del 2019 al 45% del 2020. Parliamo di aumenti che riguardano l’uso, non per forza il consumo problematico. Ma certo una crescita percentuale così veloce induce a riflettere e correre ai ripari.