Questa settimana Istat ha diffuso i primi dati della nuova rilevazione multiscopo legata al Censimento permanente delle istituzioni non profit: in sei anni il nostro Paese ha perduto quasi un milione di volontari attivi nelle organizzazioni non profit, passati dai 5,5 della rilevazione precedente, quella del 2015, ai 4,6 del 2021, anno di riferimento della nuova indagine. Il volontariato si sta interrogando sulle cause di questa scomparsa che fotografa una indubbia situazione di difficoltàdelle realtà del Terzo settore a coinvolgere nuovi volontari e a praticare un ricambio anche generazionale. Approfondire i dati, comprenderne a fondo le cause e quale sia stato il ruolo della pandemia e delle varie crisi che stiamo vivendo sarà necessario per porre rimedio. Lo abbiamo iniziato a fare.
Ciò che però ci ha colpiti subito è stata la poca attenzione che il mondo dell’informazione ha dedicato alla notizia: salvo le poche e solite lodevoli eccezioni, i media italiani non hanno ritenuto importante dare il giusto risalto a quella che rappresenta una perdita rilevante di un capitale sociale su cui ogni Paese civile deve poter contare per la tenuta della coesione sociale. Ogni volontario che decide di dedicare il proprio tempo e le proprie capacitàad una organizzazione strutturata e radicata su un territorio non fa solo una “buona azione”, ma tiene in vita i valori fondanti della Costituzione, umanizzando la convivenza e contribuendo a colmare quella distanza fra persone, comunità e istituzioni che indebolisce qualsiasi sistema democratico. Pensare che il venire meno di un milione di queste ragioni sia un fatto da trascurare forse è segno di una disattenzione che certamente non aiuta a affrontare la situazione e ad invertire la rotta.
Chiara Tommasini
Presidente Csv