“Solo quando ho capito che dovevo stare dalla sua parte, sostenerlo e dargli ragione è cominciata a entrare la luce nella nostra vita”.
Il portale www.vita.it pubblica un’intervista di Gilda Sciortino a Lucia Sardo, “madre” di Peppino Impastato ne “I cento passi” di Marco Tullio Giordana ed interprete di tanti altri film. Stavolta non parla come attrice ma come mamma di un figlioche era caduto in un incubo chiamato hikikomori, incubo in cui ha fortunatamente potuto contare sull’aiuto del’lassociazione “Hikikomori Italia Genitori onlus” .
“Perché, poi – dice nell’intervista – il problema non è così palese; non è che c’è un figlio che ha una gamba rotta, sei lì a cercare una risposta a quel suo chiudersi sempre di più in sé stesso, a non volere più contatti con nessuno. Allora provi a motivarlo, cerchi di incentivarlo, ma niente, peggiori solamente la situazione. Quando capisci che non funziona ecco che arriva la rabbia, poi quando neanche questa ha efficacia provi con la dolcezza. È un’altalena di emozioni che ti può distruggere. Si potrebbe fare un film. Inoltre, quando tutto comincia non ne hai consapevolezza. Per questo dico che bisogna stimolare le scuole molto prima che i genitori”.
Bravo a scuola, con tanti amici, cominciò improvvisamente a prendere insufficienze e l’insegnante disse alla madre che in classe “dormiva sempre”. Capì così che stava sveglio tutta la notte chattando al computer, non a caso è uno dei sette campioni di videogiochi al mondo. Lo bocciarono per due anni. “Da madre – continua nell’intervista – lo capivo che mio figlio aveva un malessere spaventoso, ma non sapevo come aiutarlo. Era una lenta ma progressiva discesa negli inferi. Un continuo no: no al cibo, no alle parole, no a tutto. Giravo un film importante, magari con un regista che lui amava, e al mio invito di venire a trovarmi sul set mi diceva no. Prima mangiava pochissimo, dimagrendo a vista d’occhio, poi la tappa successiva, quella del cibo spazzatura che si faceva portare a domicilio. Non si sedeva, però, mai a tavola con me e, se gli chiedevo qualcosa, mi rispondeva malamente. Una situazione nella quale sei da sola anche perché tutti ti rimproverano, dicendoti che devi essere più dura, considerando questi ragazzi solo pigri, svogliati e incapaci di fare qualcosa. Invece, i giovani hikikomori sono molto più sensibili di altri, hanno solo bisogno di essere compresi. Quello che mi scioccava era non trovare vie d’uscita. Non c’era Pasqua, non c’era Natale o Capodanno, altro che estate e divertimenti. È stata una lunghissima notte durata 12 anni, durante la quale avrei voluto solamente morire”.
Psicologi, sensi di colpa, conflitti con gli insegnanti (“Un professore decise di dichiarargli guerra perché in classe teneva in testa il cappello”), unico contatto attraverso i messaggi di whatsapp a cui rispondeva. E finalmente uno spiraglio: “Il cambiamento forte, reale ebbe inizio quando cominciai a introdurre le buone prassi, comportamenti consigliati e da evitare che l’associazione suggerisce per evitare di generare nei ragazzi ulteriori chiusure e aggravare la loro condizione di isolamento. Mi sono resa conto che, sino ad allora, mi ero vista come povera vittima, non guardando e non accogliendo la sua sofferenza. Mio figlio aveva bisogno semplicemente di una mamma, capace di sostenerlo in tutto e per tutto. Piano piano ha cominciato a uscire dalla sua stanza e ad aprirsi al contatto”.
Un aiuto arrivò paradossalmente anche dal covid. “Il lockdown ha aiutato tantissimo gli hikikomori perché hanno compreso di non essere gli unici rimasti isolati. Noi abbiamo usato il tempo a nostra disposizione per dedicarci, per esempio, alla cucina”. Ora l’incubo è alle spalle. “Oggi ne parlo con gioia – afferma Lucia Sardo – anche se non potrò mai dimenticare quel che ci è accaduto. Dico ai genitori come me di chiedere aiuto, così come è importante che la scuola cominci a studiare perché non sono malati i ragazzi, malata è la società. Loro ci stanno dando segnali immensi che dobbiamo accogliere. Per me è una liberazione raccontare oggi la nostra storia perché anche io sono uscita da quella stanza oscura. La mia vita ora risplende anche della luce che emana mio figlio”.