Tra il 2014 e il 2019, il fatturato del gioco d’azzardo legale in Italia è passato da 84,5 a 110,5 miliardi di euro. In termini percentuali parliamo di quasi il 3% del PIL, con una crescita del 30%.
Siamo in epoca pre-pandemia. E dopo? Uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità condotto con l’Istituto “Mario Negri”, l’Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la rete Oncologica (ISPRO), l’Università degli studi di Pavia e l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano ha esaminato un campione di età compresa tra 18 e 74 anni focalizzando le abitudini di gioco durante il lockdown (27 aprile – 3 maggio 2020), nel corso dei mesi precedenti e nella fase di restrizioni parziali (27 novembre – 20 dicembre 2020).
Dai dati emerge che il lockdown ha avuto conseguenze “asimmetriche” poiché se slot machine e videolotteries “che costituivano quasi i due terzi del flusso di denaro” sono state messe fuori gioco per disposizioni regionali e nazionali non è stato così per Gratta e Vinci – diventato il gioco più praticato – e lotto istantaneo che hanno continuato a funzionare.
Sulla base dei soggetti che hanno risposto è emerso che dal 16,3%, l’azzardo è calato, a causa o per merito delle misure anti-covid, al 9,7% per poi risalire al 18% nel periodo di restrizioni parziali.
Altro elemento studiato è il tempo medio dedicato al gioco, che è aumentato di quasi un’ora. C’è inoltre un 1,1% che ha detto di aver iniziato a giocare proprio nel periodo di totale restrizione, mentre il 19,7% di coloro che già giocavano ha inserito nelle proprie abitudini i casual games.
Altri dati da approfondire: l’incremento più sensibile ha riguardato giovani, fumatori, consumatori di cannabis e di alcolici; il lockdown ha comportato anche un maggior consumo di psicofarmaci ed è stato registrato un aumento dei casi di depressione e ansia correlati al gioco.