Davanti ai magistrati ha detto di sentirsi oppresso da un “malessere”. Il diciassettenne in carcere per l’uccisione di padre, madre e fratellino sembra essere preda di una sorta di corto circuito circuito tra quella sensazione e un fatto di sangue tanto atroce. Il fatto oltre a creare profonde reazioni nell’opinione pubblica ha suscitato nuove riflessioni tra gli esperti alla ricerca delle cause della tragedia. Don Gino Rigoldi, per cinquant’anni cappellano dell’Istituto penale minorile “Beccaria” è stato intervistato da Gianni Santucci per “Il Corriere della Sera” ritiene che “tutti gli adolescenti” provino quel malessere. “
“Hanno bisogno – afferma – che il proprio valore sia riconosciuto: dagli altri, dai genitori, dai compagni del proprio gruppo; ognuno occupa un posto, o più posti, e deve sentire che questi ambienti rimandano qualcosa. Se questi riconoscimenti non arrivano qualcuno di loro inizia a sentire di non valere”.
Per don Rigoldi ogni giorno respiriamo una “cultura” che “manda di continuo e soltanto messaggi legati a un qualche obbligo di avere successo, fare strada, porsi obiettivi sempre più alti, soprattutto essere visibili”. “È una sorta di modalità educativa omologata e generalizzata, indipendentemente dagli obiettivi che vengono perseguiti e magari a volte raggiunti, compresi quelli assolutamente positivi, come studiare e andare bene a scuola” continua, sostenendo che invece “il centro dell’educazione dev’essere la costruzione delle relazioni di comunità, intesa nel senso più ampio del termine, che sia familiare, di coppia, di amicizia”. “La cura degli amori, che sono relazioni – aggiunge -. Si pensa che gli obiettivi educativi siano sempre altri, e che poi la cura degli amori e delle relazioni venga naturalmente, quasi in modo scontato e automatico. E invece non è così”.
“Gli adulti hanno poca attenzione?” chiede Santucci.“Non è questo. Ce l’hanno. Ma l’adolescente deve sentirsi amato in maniera comprensibile per lui. Viviamo senza testa educativa, a tutti i livelli. ‘Devi imparare le lingue’, ‘studiare per trovare lavoro’, va benissimo. Ma chi dice ai ragazzi quanto è importante imparare a volersi bene e a voler bene? A creare comunità come luogo di crescita? Questo è il più grave peccato, ed è in questo vuoto che perdiamo rispetto al mito del successo”.
A parere di don Rigoldi “il vero veleno” è “la cultura del successo e del percorso da fare a tutti i costi, senza gli altri o sopra agli altri”, mentre gli adolescenti “non trovano qualcuno che si sieda vicino a loro per chiedere ‘come stai?’, ‘come stai con i tuoi amici?’ “Spesso – dice – mi infurio con gli educatori: devono voler bene ai ragazzi in senso specifico, non generico”. In famiglia e “altri ambienti nessuno educa alla relazione” ed “i ragazzi sono spesso belli, muscolosi, sorridenti, ben vestiti, ma tanto fragili”.