“Invece di terzo dovrebbero chiamarlo primo”. Il professor Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, interviene con un’affermazione netta e decisa alla presentazione da Sala Buzzati del “Corriere della Sera” del libro”Terzo – Le energie delle rivoluzioni civili”, scritto da Claudia Fiaschi, già Portavoce del Forum del Terzo settore.
Per Fiaschi “spesso le rivoluzioni sono cruente, ma ce ne sono di silenziose, costanti nel tempo, portate avanti da persone che provano a costruire cambiamenti, più difficili ma duraturi”. Il Terzo settore si fonda sulla reciprocità ed è un ingrediente irrinunciabile della democrazia, una componente essenziale per il buon funzionamento di un ordine sociale tripolare insieme allo Stato e al mercato. Ma secondo Zamagni forse proprio l’aggettivo “terzo” lo colloca in un ruolo residuale come accade, per esempio, nel Pnrr, la cui lacuna più grave “non sta tanto nella pochezza delle risorse locate ma nel fatto che nel piano si legge che l’azione pubblica potrà avvalersi del contributo del Terzo settore e co-progettazione”. Cioè potrà non dovrà. E “si parla di co-progettazione che serve a poco, è la co-programmazione – ha rimarcato Zamagni – che definisce modalità e tempi degli interventi”.
Alla presentazione è intervenuta Vanessa Pallucchi, attuale Portavoce del Forum, che ha affermato come in una società dove è evidente “l’indebolimento dei corpi intermedi, delle forze politiche, il Terzo settore è un punto di riferimento più intenso che nel passato”, ma il dato di fatto è che “viene consultato ma non ascoltato”. A proposito del Pnrr: “I bandi spesso sono ritagliati – ha detto – sulle esigenze del profit”.
Che il Terzo settore non possa essere marginale lo ha sostenuto anche Ferruccio de Bortoli, presidente Vidas. ”Procura tutta una serie di buone relazioni che sono il tessuto connettivo di una società. È una valvola di sicurezza. Grazie al Terzo settore abbiamo comunità coese, nelle quali il concetto di restituzione è ben presente”. Basti pensare alla guerra in Ucraina: “In Italia abbiamo avuto una reazione più ordinata rispetto ad altri Paesi, le comunità sono state un ammortizzatore sociale più efficace di molti interventi, uno stabilizzatore civico”.
Si è parlato anche del calo dei volontari e della difficoltà di “agganciare” le nuove generazioni. Zamagni ha individuato una serie di cause: “Ai giovani non può bastare la generica motivazione dell’aiutare l’altro. Devi entrare nel merito delle sfide e far vedere come partecipare a queste realtà è una chiave di risposta. Un esempio è il bisogno di felicità, tutti ne hanno un bisogno disperato e non la trovi nei luoghi di vita. I giovani hanno bisogno di aprirsi. L’information Technology crea l’effetto della omofilia, le persone interagiscono con persone simili, ma l’omofilia è contraria alla felicità, tendo a stare solo con chi è simile a me e poi mi stufo”. In conclusione, secondo Fiaschi, non serve un nuovo nome per dare dignità al Terzo settore. “Bisogna riempirlo dei nostri contenuti. Non è un mondo a lato ma un mondo dentro, se non lo capiamo trascuriamo il fatto che è un motore della pace sociale. La felicità pubblica nasce da questo motore, se non investiamo in questo carburante anche le risorse avranno impatto limitato. Superiamo questa grande disattenzione”.