Dal 2005 l’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano ha messo a punto una tecnica mediante metodi di “epidemiologia delle acque reflue”. Si tratta, in pratica, dell’analisi dei residui di sostanze misurati nelle acque reflue, attraverso la quale è possibile stimare quali e quante sostanze vengono complessivamente consumate da tutta la popolazione afferente al depuratore cittadino oggetto di monitoraggio.
In uno studio presentato in Parlamento lo scorso 19 luglio – come scrive Marco Merlini su “Il Corriere della Sera” – si spiega che “le città selezionate (complessivamente 33centri urbani) sono equamente distribuite in 20 regioni italiane e coprono tutto il territorio nazionale”, dai capoluoghi alle città di dimensioni minori. Le sostanze maggiormente consumate si confermano la cannabis e i suoi derivati ma anche il capitolo riguardante la cocaina non va sottovalutato.
Nell’ultimo report i ricercatori hanno concentrato i dati degli ultimi tre anni dal 2020 al 2022 suddivisi in quattro campagne di analisi distinte. I risultati, a volte altalenanti, sono sconcertanti e tracciano comunque una tendenza. Tra i capoluoghi,i numeri di Bologna spiccano in negativo per quasi tutte le sostanze psicotrope. Uno dei dati più allarmanti è sicuramente quello relativo al consumo di cocaina: nell’ultima campagna le Due Torri si piazzano al terzo postocon 15,8 dosi consumate al giorno ogni 1.000 abitanti, dietro a Roma(18,5) e Venezia (17,2). In realtà il capoluogo emiliano ha toccato anche livelli di consumo peggiori, ad esempio nel rilevamento del maggio 2021, con la media di 19 dosi al giorno. Il dato assume un valore importante se si pensa che la media nazionale rilevata dall’istituto è compresa tra 9,5 e 12 dosi al giorno.
Per Bologna risulta quindi confermato l’allarme che la pone tra le capitali d’Italia del consumo di stupefacenti, che da anni l’Osservatorio epidemiologico sulle dipendenze dell’Ausl denuncia. Un allarme che ha innescato anche un dibattito fra istituzioni.