L’anno scolastico si è appena concluso e già si pensa al prossimo, almeno per quanto riguarda un progetto di peer education innovativo e singolare nato dai ragazzi (nella foto con i loro insegnanti) e realizzato da loro per contrastare il disagio a scuola anche a fronte dei ripetuti casi di violenza fra coetanei. E’ nato e si è sviluppato nelle classi e nei corridoi dell’istituto tecnico economico Romagnosi e professionale Casali con il sostegno della Fondazione La Ricerca ETS presente da anni in questa scuola con uno dei suoi tanti sportelli dell’ascolto.
Con il fattivo appoggio di Elisabetta Balordi della Fondazione La Ricerca e dell’insegnante di riferimento, Sabrina Zoni, il progetto di peer education ha preso forma. , Punto di forza di questo “educare fra pari”: mettere al bando l’indifferenza. “Ai più piccoli che sono più esposti a lasciarsi impaurire e condizionare dalle prepotenze da quei due, tre bulli che incontrano in classe o in corridoio, diciamo di reagire ai soprusi, devono rendersi conto che loro sono dalla parte giusta che è la maggioranza”.
Il piano d’azione prevede incontri periodici dove gli “educatori spontanei” non si limitano a impartire lezioni di autoconsapevolezza e senso di appartenenza, ma anche di buone relazioni basate sul rispetto reciproco tra compagni e con gli insegnanti: “Facciamo capire loro che un dialogo con il mondo adulto è possibile. Se glielo diciamo noi lo accettiamo di più. Iniziamo col chiedere come si trovano a scuola, che problemi incontrano, come vorrebbero migliorare le cose e cosa sono disposti a fare per contribuire a cambiarle. Se non vai lì a fare la morale ti ascoltano, qualche volta riesci ad agganciare anche i più ribelli. Si devono, non si sentono giudicati…”. Risposte e proposte vengono poi portate nei consigli di classe e d’istituto e quando necessario segnalate allo sportello d’ascolto.
Stessa cosa al Professionale che fa parte del medesimo plesso: qui a scendere in campo sono state le ragazze, che si sono organizzate sentinelle nei corridoi. Sono diventate le confidenti delle compagne e dei compagni più fragili. Molti i casi di disagio, senza distinzione di sesso né di appartenenza etnica o sociale “difficoltà a gestire la rabbia, crisi d’ansia, incapacità a rapportarsi con le diversità, battute a sfondo razzista…”. Giada è stata preziosa per la compagnia colta da crisi di panico in prossimità di una verifica, quel che una volta si chiamava compito in classe. Come lei, Desirée, Stojna, Vittoria, Martina, Matilde, Federica e Roberta, corrono in soccorso e fanno da tramite con il mondo adulto, insegnanti, genitori, sportello dell’ascolto. Un appoggio e uno stimolo importante per i docenti che si ritrovano a doversi improvvisare un po’ psicologi e un po’ assistenti sociali, la prima a capirne la portata positiva è la loro prof di psicologia, Cristiana Donato, insegnante di riferimento dello sportello d’ ascolto. “Gli approcci sembrano funzionare – alza gli occhi al cielo la preside tirando un sospiro di sollievo – ma occorre tempo. Il progetto di peer education deve continuare”.