Si muore non solo fisicamente, si può morire anche di emarginazione, quando vien meno la qualità della vita. E allora come aiutare le persone che sono ai margini perché stanno male, a rientrare veramente in relazione con gli altri, con il mondo? Voce molto nota del Terzo settore e nel mondo dell’impresa sociale, il pedagogista Johnny Dotti (Bergamo, classe 1963) invita gli operatori della solidarietà ad essere protagonisti attivi di una “trasformazione più umana” della società e dei servizi alla persona partendo proprio dal metterci umanità, facendosi “trasgressori” e costruttori di relazioni autentiche in questo presente tecnoscientifico e iperconnesso pieno di solitudini e infelicità dilagante “dove ci perdiamo a rincorrere il nostro Io” e nella rincorsa ad un efficientismo che lascia il tempo che trova perdiamo di vista il senso della vita e di quel che stiamo facendo.
Provarci e riuscirsi forse non è poi così impossibile, quando si fa un lavoro (e si vive) al fianco dei più fragili: “Benedetta fragilità: è la postura umana che ci permette l’incontro con gli altri. Ci ricorda che prima di tutto viene la vita, bisogna servire la vita. Ritrovare il senso, tornare a servire più che continuare ad aggiungere sempre nuovi servizi! ce ne sono tantissimi, un proliferare continuo”.
La Dotti-esortazione ha concluso un incontro pubblico dove si è parlato di residenze e accompagnamento all’autonomia di persone con disabilità psichica, organizzato da Fondazione La Ricerca ETS e Csv Emilia per presentare un primo report del progetto “INTE(g)RAZIONE – Legami per l’inclusione e l’autonomia” realizzato da La Ricerca in collaborazione con l’Ausl di Piacenza (Centro di Salute Mentale SerDP – Psichiatria di collegamento) con il contributo della Fondazione di Piacenza e Vigevano.
“Non tappabuchi, né questuanti, ma portatori di senso” – L’incalzante discorso di Johnny Dotti (nella foto con Raffaella Fontanesi di Csv Emilia), dissacrante verso un atteggiamento diffuso di amara accettazione dell’inevitabilità più nefasta e contradditoria del corso delle cose (da una parte i bisogni sociali che aumentano e per contro le risorse che vengono meno) scuote come una campana d’allarme – Sveglia! – fin dalle premesse in cui manifesta tutto il suo scetticismo verso il proliferare di specializzazioni del soccorso sociale – “In Italia, dove un individuo su sei, o per volontariato o per mestiere, si interessa degli altri, non mi sembra che siamo molto felici” – e alla luce di una multiforme esperienza professionale (docente a contratto all’Università Cattolica di Milano e imprenditore sociale, presidente di “È.one-Abitarègenerativo”, amministratore delegato di “On impresa sociale” e già consigliere delegato e presidente di Cgm e di Welfare Italia) oltre che personale (vive in una comunità di famiglie in provincia di Bergamo con la moglie Monica e quattro figli due dei quali in affido) invita il Terzo Settore, in particolare i fautori d’esperienze sociali come quelle dell’accompagnamento all’autonomia di persone fragili, a riscoprire il proprio ruolo “istituente” per cambiare le cose, e quindi il proprio ruolo politico “che non deve essere quello del questuante presso il Pubblico per poter gestire i Servizi”. E quando affronta il tema del giorno – l’abitare come accompagnamento all’autonomia – tuona contro il linguaggio, le frasi fatte, i termini presi a prestito dalla cultura anglosassone, fornendo spunti di riflessione: “Esistere e abitare sono due sinonimi, la casa è generativa, è nido e nodo è il luogo che ti accompagna ad entrare nel mondo: è luogo d’incontro dove si ricompongono le fratture”.
Tanti stimoli a reagire al presente in un crescendo che si conclude con un augurio: “Spero che questo sia un inizio, perché diventiate avanguardia profetica, non solo un tappabuchi dei Servizi, ma un’esperienza che ha qualcosa da dire non DI queste persone fragili, ma CON queste persone”.
CASA LUCIA, CASA SOPHIA, CASA LAURA – Dell’esperienza (piacentina) – di Casa Sophia, (4 inquiline), Casa Lucia (6 posti inquilini) e Casa Laura (3 inquilini) -, hanno prima diffusamente parlato operatori, psicologi, e una volontaria, che nell’ambito dei servizi offerti alla persona dalla Fondazione La Ricerca, stanno portando avanti dal 2018 tre progetti di co-abitazione, per l’inserimento di persone in carico ai Servizi psichiatrici dell’Ausl di Piacenza, con il coinvolgimento di volontari nella vita quotidiana e in iniziative di sensibilizzazione e apertura al territorio: “Qui gli ospiti hanno un ruolo importante all’interno della casa”: diventano protagonisti di un progetto di vita, stanno uscendo da una fase cupa e dolorosa di chiusura in se stessi – “Vengono da vissuti pesanti, pesanti sofferenze psichiche” – attraverso una salutare e salvifica assunzione di responsabilità, supportati da varie figure professionali – educatore, psicologo, psichiatra, medico, infermiere, assistente sociale… – che li aiutano a superare difficoltà psichiche oggettive.
Valore aggiunto e imprescindibile la presenza i volontari “portatori di normalità” grazie ai quali queste persone sono arrivate ad inserirsi nel tessuto sociale in cui abitano: “Sono diventate amiche dei negozianti, del barista, dell’edicolante, non si sentono più gli strani, i diversi”.
Nel quotidiano si tocca con mano il “miracolo della vicinanza umana”, dove ogni conquista è fatta di piccoli-grandi passi: “nei momenti di smarrimento può bastare un abbraccio”…”imparare a cucinare la pasta al ragù è un successo”. Si aprono strade impensate verso quel saper badare a se stessi che fa sentire vivi.
I RELATORI DELL’INCONTRO – L’incontro è stato introdotto dai saluti del presidente La Ricerca, Enrico Corti – “Al fianco di questi figli di un Dio minore noi come Ricerca facciamo la nostra parte un po’ sussidiari, un po’ autonomi, un po’ insieme” – seguito da Elena Uber nella duplice veste di rappresentante della Fondazione di Piacenza e Vigevano – Commissione Welfare – “che con il lancio del bando per le autonomie ha voluto scommettere su questa nuova modalità di welfare” – e di direttore del SerDP (Servizio Dipendenze Patologiche dell’Ausl di Piacenza). E dopo il responsabile Ausl di Psichiatria di collegamento, Corrado Cappa che ha parlato di inclusione come benessere condiviso: “Una persona con problemi di salute mentale la curi nel suo ambiente, il luogo in cui viviamo rappresenta il nostro esistere, l’abitare va sostenuto come inclusione con un lavoro di rete fra istituzioni sanitarie, Terzo Settore, famiglie, che deve essere supportato da tutti” – , sono seguite le testimonianze La Ricerca di chi quotidianamente traduce in concreto il progetto “INTE(g)RAZIONE – Legami per l’inclusione e l’autonomia”: sul tema dell’autonomia la responsabile dei Servizi Adulti Fragili Lucia Catino e lo psicologo Andrea Latte; sul “fare insieme” l’educatrice Anna Bianchi e la volontaria Anna Casaroli e sul concetto di “contesto” l’educatore Andrea Praolini.