Sempre più soli e pronti a riempire i vuoti relazionali con cibo, social e videogiochi. E’ il ritratto di ragazzi tra gli 11 e i 17 anni tracciato da uno studio realizzato dell’Istituto Superiore di Sanità e ripreso da Chiara Bidoli in un articolo del “Corriere della Sera” in cui viene intervistato il pedagogista piacentino Daniele Novara.
La dipendenza più diffusa – oltre un milione e 150mila soggetti, in maggioranzadelle scuole superiori – è quella da cibo e che viene attribuita in parte al covid e al tempo trascorso forzatamente in casa. “Il cervello preadolescenziale e adolescenziale – dice Novara – è un cervello compensativo, ovvero ha un bisogno sistematico di compensarsi nelle aree del piacere. Si tratta però di riflettere su cos’è pericoloso e cosa non lo è. Per esempio, lo sport è una classica attività di compensazione che non è pericolosa, anzi positiva. Permette ai ragazzi di vivere l’età, con le sue caratteristiche, senza metterli in pericolo”.
Al secondo posto dei comportamenti a rischio di dipendenza ci sono i videogiochi, che coinvolgono il 12% degli studenti – in questo caso con prevalenza dei ragazzi delle scuole secondarie di primo grado – con effetti legati a una maggiore incidenza di depressione, aggressività e ansia sociale. “Qui la difficoltà – spiega il pedagogista – è generata dalla tendenza che hanno i genitori, e in parte anche gli insegnanti, alla condivisione con gli adolescenti piuttosto che all’educazione degli adolescenti”. Spesso i genitori aspettano che sia il ragazzo a decidere di non usare più i videogiochi di notte e questo è impossibile, poiché una volta che il cervello si “aggancia” alle sue aree di piacere non è più in grado di avere funzioni reversibili. “Non possiamo semplicemente condividere il tempo con gli adolescenti e compiacerli, abbiamo un ruolo educativo”.
Infine c’è la dipendenza da social che riguarda un ragazzo su 40 – in testa le over 14 – con conseguenze sul piano dell’ansia sociale e una maggiore incidenza di impulsività. “I figli – afferma Novara nel’articolo del “Corriere” – vanno accompagnati nella crescita e guidati, soprattutto nell’adolescenza. Per quanto riguarda i social, basterebbe rispettare il decreto che ne vieta l’utilizzo sotto i 14 anni. Che senso ha che dei ragazzini frequentino lo smartphone come e quanto frequentano la scuola o anche di più? Significa che c’è una deroga da parte delle famiglie e dei genitori che poi produce una serie di situazioni potenzialmente pericolose”.