Negli Anni Ottanta, quando l’Aids iniziava a mietere le prime vittime nel mondo ma ancora si sapeva poco o niente della sua natura, le persone che scoprivano di essere positive all’Hiv vivevano alla giornata. Come scrive Chiara Daina sull’inserto “Buone Notizie” del “Corriere della Sera” un aumento inspiegabile di polmoniti e tumori rari fece crescere nella comunità scientifica il sospetto che si trattasse di una nuova malattia causata da una deficienza del sistema immunitario.
“Ne moriva uno alla settimana, tutta gente di 20 anni. Alcuni colleghi si rifiutavano di visitarli per il terrore di contagiarsi. Era difficile trovare i dentisti per questi pazienti” ricorda Cristina Mussini, direttrice della Clinica di malattie infettive di Modena.
L’epidemia, tuttavia, è stata ed è un massacro. Marco Pivato sull’inserto “Salute”, sempre del “Corriere”, riporta numeri drammatici: alla fine del 2018, oltre 35 milioni di persone, nel mondo, erano decedute a causa dell’Aids, mentre 37,9 milioni di persone convivevano con l’HIV. Tra gli individui contagiati 36,2 milioni (il 96%) erano adulti e 1,7 milioni (il 4%) erano bambini. Con grandi differenze tra regioni e paesi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’Africa è la regione più gravemente colpita, con quasi 1 adulto su 25 (il 4%) infetto da HIV. Nel complesso, il continente ospita circa il 66% dei pazienti sieropositivi in tutto il mondo.
Un documentario che andrà in onda l’1 e 2 dicembre su History channel (411 di Sky) raccoglie la testimonianza di chi ha ricevuto la diagnosi di Hiv 40 anni fa ed è sopravvissuto e quella dei medici che hanno combattuto al loro fianco nei reparti di malattie infettive.
“Aids. La nostra battaglia” questo è il titolo. Prodotto da Taiga e firmato dal regista Luca Bedini, con il sostegno della Regione Emilia Romagna e il contributo di tre associazioni: Anlaids (Associazione nazionale lotta all’Aids), Lila (Lega italiana per la lotta contro l’Aids) e Nadir onlus. “Persone allontanate dai luoghi di lavori. – scrive Chiara Daina – I cui figli venivano anch’essi allontanati dagli asili. Vite interrotte da una diagnosi. I primi farmaci antiretrovirali con qualche efficacia arrivarono solo negli Anni Novanta ma gli effetti collaterali erano devastanti. Astenia, nausea, diarrea, capogiri, bruciori di stomaco, dolori muscolari”.
Oggi grazie alla ricerca sono disponibili trattamenti che se assunti egolarmente mantengono la carica virale a livelli non misurabili e quindi l’Hiv non è trasmissibile, consentendo alla persona di condurre una vita normale e di avere rapporti sessuali che non mettono a rischio il partner. Di cui la società italiana è ancora poco consapevole e poco informata.