Occorre cercarsi per costruire relazioni. E’ necessario. Vitale. Urgente, di un’urgenza che riguarda il futuro dell’Umanità. Lo abbiamo capito anche di fronte ai gesti di solidarietà che hanno acceso luci di speranza nei giorni più bui del lockdown. “Nella provincia di Bergamo, ad esempio, nelle condizioni più sfavorevoli, di massimo isolamento, quando tutti eravamo bloccati in casa, una rete di scuole del territorio è riuscita a tessere relazioni importanti raccogliendo storie e raccontandole in un circolo virtuoso (e virtuale) di passaparola tra studenti e anziani”.
OCCORRE CERCARSI PERCHE’ “non siamo fatti per essere soli, non siamo soggetti autonomi, questa è un’idea distorta…, perché solo rispecchiandosi, solo nello sguardo dell’altro, nel costruire insieme progetti, nello scambio di conoscenze ed esperienze, nella condivisione, nell’affidamento reciproco, si può crescere come esseri umani e, per chi è caduto, aprire spiragli di risalita”.
COME CERCARSI? “Cercando il dialogo, facendo insieme progetti, vivendo insieme esperienze, sforzandosi di non lasciare nessuno solo nella sua fragilità, attivando storie, raccontando vissuti che tramandino gli esempi dei giusti, dove i giusti non sono eroi, ma persone che in tempi difficili come le guerre e la recente pandemia si sono spese spinte dalla generosità, dal senso di giustizia e umanità”.
Il prof. Ivo Lizzola, che nella sua Bergamo è docente universitario di Pedagogia sociale della marginalità, ci sprona a darci una mossa per non lasciarci travolgere nelle spire dell’incomunicabilità e dell’autoisolamento. Invitato dall’associazione La Ricerca a confrontarsi con il pubblico piacentino sulle povertà relazionali, parla (in un affollato salone d’onore di Palazzo Rota Pisaroni, Fondazione di Piacenza e Vigevano) rivolgendosi agli adulti educanti, insegnanti, genitori: “Il vostro esercizio educativo servirà per le vite adulte dei vostri allievi, per un futuro più pulito dove possano giocarsi la loro vita”. In altre parole: bisogna dare il buon esempio, farci testimonianza con il nostro essere e il nostro fare. “Consegnare dei lasciti di testimonianze di bontà, bellezza, giustizia, che li aiutino a crescere liberi in un futuro dove possano giocarsi la loro vita”.
CHE COSA CONSEGNAMO AI NOSTRI FIGLI? “Un lascito di vissuti, di storie, di esempi, di gesti dei giusti”. Lizzola cita più volte le “gesta” di sua nonna, “che in tempo di guerra mise in salvo prima ebrei, partigiani, e con la sconfitta del nazismo, anche un tedesco che era nelle SS”. Ne parla anche ricordandola ai tempi dell’occupazione delle fabbriche da parte delle donne. E rimarca che essere “giusti” non significa essere eroi, ma agire per il bene degli altri e della comunità perché è giusto. “E’ giusto anche se si va incontro a delusioni, se si viene sconfitti, se non c’è riconoscenza…”.
LE ESPERIENZE DEL PASSATO CI INSEGNANO “a credere ancora nelle relazioni. Quando parliamo ai nostri ragazzi delle vite passate, delle storie dei giusti arricchiamo le loro capacità relazionali. Certo poi bisogna dare l’esempio, esserci, condividendo con azioni concrete l’esperienza della bontà, della bellezza, della giustizia, credendo in quel che facciamo, che valga la pena fare le cose fatte bene, approfondire, leggere, scrivere, lottare, credere che ne valga la pena, e che valga pure a costo del disincanto e di delusioni, credere che valga la pena vivere. Sono questi “lasciti” la cosa che resta nella mente di un individuo, ad aiutare la crescita di un bambino, di un ragazzo. I giovani hanno bisogno di credere, di sentirsi parte, di sentirsi utili e importanti per gli altri, di progetti di convivenza con adulti appassionati e convinti”.
ALLA RICERCA DI RELAZIONI – L’incontro promosso nell’ambito del progetto CON.TE realizzato dalla Ricerca con il sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano, è stato introdotto da Anna Papagni, referente dei volontari La Ricerca e dei gruppi di Auto-Mutuo-Aiuto, e dal coordinatore dell’Arca, Area Consulenza e ascolto La Ricerca, Carlo Grassi. Collegandosi all’appello lanciato da Lizzola, il presidente “La Ricerca” Enrico Corti ha rimarcato un aspetto molto caratterizzante della mission associativa: “In un mondo in cui gli adulti sembrano evitare le relazioni, le rifuggono, cercano ricette facili, noi più che ricette cerchiamo relazioni. E ogni persona che incontriamo, ogni relazione ci mette in gioco”.
IL PROGETTO CON.TE aiuta il dialogo tra giovani e adulti – Non è un caso che la sede scelta per l’incontro con Ivo Lizzola (preceduto da un primo confronto con il media educator Michele Marangi della Cattolica sulla comunicazione fra giovani e adulti nell’era digitale) sia stata la casa della Fondazione di Piacenza e Vigevano, perché la Fondazione sostiene proprio il percorso del “Progetto CON.TE – CONsulenza scolastica e TErapia” che la onlus piacentina ha portato avanti quest’anno nelle scuole medie e superiori della città per fare squadra, con studenti, insegnanti, genitori, contro le difficoltà relazionali e tutto quanto ne scaturisce, a partire dal disagio degli adolescenti.
Ansie, paure, sfiducia, rabbia, depressione, abulia, tendenza a chiudersi, in casa, nella propria stanza…E’ lunghissimo l’elenco delle manifestazioni di malessere riscontrate da psicologi ed educatori “La Ricerca” (per loro una conferma di quanto verificano da tempo) negli sportelli dell’ascolto attivi da anni negli istituti scolastici è lunghissimo, una decina di professionisti che fanno parte dell’équipe dell’Arca, l’Area consulenza e ascolto attraverso cui questa onlus da quarant’anni al fianco dei giovani e delle famiglie in difficoltà intercetta problemi e bisogni della gente. “Nei giovani il disagio è ancor più evidente – sottolinea il referente, lo psicologo Carlo Grassi – perché sono più fragili degli adulti e vivono in contesti costantemente osservati, come appunto è la scuola”. Anche la rabbia, e gli episodi di violenza, sono figli dell’incomunicabilità e dell’autoisolamento? “La rabbia è figlia della solitudine, dell’aver trovato porte chiuse. I nostri ragazzi, le nostre ragazze, che sicuramente hanno risentito ancor di più degli effetti del lockdown, e risentono delle negatività di un presente condizionato dalla crisi e dai conflitti, sono alla ricerca di qualcosa di cui sentirsi parte, di trovare il senso, una prospettiva di futuro possibile. Bisogna cercare di costruire, o di riallacciare, rapporti con loro senza arrenderci ai luoghi comuni, andare oltre le frasi fatte con cui li etichettiamo, anche nelle situazioni che noi adulti non riusciamo subito a capire bene”.
E’ in questa direzione che si è mosso il progetto CON.TE coinvolgendo più di 350 adolescenti, un migliaio i colloqui effettuati, con supporto psico-educativo, psicoterapia, counseling, percorsi dedicati, gruppi di Auto-Muto-Aiuto, ed entrando in contatto con le famiglie, affiancandole: “Abbiamo cercato di dare ai genitori, come pure agli insegnanti strumenti di comprensione, per aprire nuove occasioni di incontro, di dialogo con i loro figli e studenti. Una maggior presenza dei nostri operatori negli sportelli dell’ascolto ha reso possibili momenti di approfondimento e l’organizzazione di occasioni di incontro extrascolastiche offrendo colloqui con psicologi, un sostegno specialistico che altrimenti avrebbe richiesto esborsi economici notevoli”.