Progetto Vita (con il sostegno di 53 tennisti) lancia una nuova esperienza formativa e riabilitativa con La Ricerca – Lunedì 8 settembre l’evento che ha inaugurato il dispositivo salva-vita in caso di arresto cardiaco
“Tutti possono salvare una vita”. Ora la convinzione che guida la campagna informativa (e formativa) di Progetto Vita trova un’ennesima conferma coinvolgendo nell’utilizzo dei defibrillatori in caso di emergenza cardiologica anche un gruppo di utenti della comunità di doppia-diagnosi “Emmaus”, la struttura di accoglienza e cura di persone con disagio mentale e problemi di dipendenza patologica che ha sede alle porte di Piacenza, in località Pellegrina, dove lunedì 8 settembre è stata inaugurata l’installazione di un dispositivo salva-vita DAE di ultima generazione donato da Progetto Vita, che si aggiunge ai 1259 presenti nella rete che copre città e provincia. Nella stessa giornata, come da prassi consolidata, istruttori di Progetto Vita, hanno addestrato al suo utilizzo, gli operatori di “Emmaus” con alcuni ospiti. “I nostri utenti – spiega la responsabile della comunità, Federica Grillo – stanno seguendo un percorso terapeutico riabilitativo per uscire da situazioni di crisi e forte fragilità in cui sono caduti, una sorta di black-out che li ha colti nella loro quotidianità. Tra loro abbiamo avuto anche liberi professionisti, laureati”. A causare l’uscita, per così dire, dai binari il più delle volte è stato il ricorso a stupefacenti, sostanze come la cocaina, l’alcol, e l’abuso di psicofarmaci. “Sintomatico – sottolinea Enrico Corti, presidente di Fondazione La Ricerca, che gestisce le strutture della Pellegrina – di quanto la dipendenza da stupefacenti sia diffusa e strisciante nella società di oggi anche in contesti che la maggioranza di noi riterrebbe insospettabili”. Forme di disagio, dunque, che si manifestano nella normalità e che nella comunità “Emmaus” vengono affrontate per consentire il rientro in società alle persone che ne sono state colpite. E qui si inserisce il messaggio di inclusione sociale che Progetto Vita ha scelto di portare avanti: “Imparare a soccorrere in caso di emergenza sanitaria, rafforza la nostra identità individuale nel contesto sociale. Ecco perché i nostri corsi di formazione possono far parte a pieno titolo dei percorsi educativi di strutture riabilitative come queste della Ricerca. Vogliamo portare le persone di qualunque estrazione ed età alla conoscenza del DAE (Defibrillatore Automatico Esterno), rafforzare la consapevolezza dell’importanza del loro contributo nell’utilizzo dello stesso in primo soccorso alla vittima colpita da arresto cardiaco”.
Lo ha rimarcato il vice-presidente di Progetto Vita, Ernesto Grillo, in visita in questi giorni alla Pellegrina con Alberto Bergonzi, suo compagno di racchetta. Sì, di racchetta, e qui subentra un altro elemento importante di questa storia che unisce all’amicizia anche sport e solidarietà, perché a sostenere la nuova sfida di Progetto Vita c’è un sodalizio di tennisti, una cinquantina, che hanno sposato la causa trentennale del progetto ideato dai cardiologi Alessandro Capucci e Daniela Aschieri (163 persone salvate, 150mila volontari addestrati al pronto intervento in caso di arresto cardiaco): sono ormai dieci anni che Bergonzi organizza, con un gruppo di amici tennisti amatoriali, un torneo di doppio misto, all’insegna del divertimento e dell’amicizia, l’Albert Cup Trophy che ad oggi coinvolge nei vari circoli tennistici di Piacenza 53 iscritti. Dai legami di amicizia che sono andati consolidandosi negli anni ha preso forma il desiderio di sostenere l’iniziativa di solidarietà che vede Progetto Vita al fianco di Fondazione La Ricerca. Come? con una raccolta fondi realizzata vendendo dei capi di abbigliamento sportivo messi a disposizione da alcuni sponsor amici. “L’inizio di un cammino di amicizia, sport e solidarietà che intendiamo proseguire”.
Al corso di formazione “InFormare” gli istruttori di Progetto Vita hanno insegnato come eseguire le manovre di primo soccorso e come utilizzare il defibrillatore automatico. La lezione di pratica con manichini e trainer DAE stata preceduta da una prima parte motivazionale e teorica di presentazione dell’arresto cardiaco e della modalità di primo soccorso con il Defibrillatore con il supporto di slide e filmati.
PER PRIMA COSA CHIAMARE IL 118 – “Prima cosa da fare in caso di emergenza – puntualizzazione – sarà chiamare la centrale del 118 che ha già inserito nella mappatura DAE anche a questo dispositivo”.
Giusto per promemoria: “La sopravvivenza da arresto cardiaco si ha nel 46% dei casi, quando interviene un defibrillatore pubblico o delle forze dell’ordine. Se l’arresto cardiaco si verifica a Piacenza in un impianto sportivo la sopravvivenza è addirittura del 93% dei casi grazie alla presenza dei DAE”.
NELLA FOTO: Alberto Bergonzi, ideatore del trofeo tennistico Albert Cup Trophy, il vicepresidente di Progetto Vita Ernesto Grillo, e, per Fondazione La Ricerca, Elisa Vezzulli, operatrice, il presidente Enrico Corti, la responsabile della comunità Emmaus, Federica Grillo, e la responsabile comunicazione e fundraising Itala Orlando