Ragazzi lontani dai servizi, nessuno li conosce, tra loro anche bambini: uno di 12 anni e mezzo è stato portato da sua madre in comunità. Aveva avuto già un approccio all’eroina. Nel buio di Rogoredo – i lampioni sono spenti per un guasto segnalato ma inutilmente – tra la ferrovia e la campagna la “punta” d’eroina costa due euro, ma si trova di tutto dalla cocaina al crack. Elisabetta Andreis e Gianni Santucci de “Il Corriere della Sera” sono andati nell’ex – ma lo è? – piazza di spaccio più affollata d’Italia. Scene ordinarie. Scrivono: “Pesano sul bilancino elettronico. Di precisione. Microdosi. Incasso in monete. Dicono che ora la concorrenza è feroce. Tutti maghrebini. Ma appartenenti a clan diversi. Qui sui binari la cocaina la vendono a 30 euro al grammo. Mai costata così poco. Dall’altra parte dei binari la si trova a qualcosa in più. Per l’eroina invece è lo stesso. È una contesa. Non soltanto economica. Pure violenta. Lanci di pietre, minacce, telefoni puntati per “segnare” le facce. Le sentinelle presidiano i varchi d’accesso ogni pochi metri. Fischi bassi, cenni rapidi, nomi sussurrati per riconoscere chi entra e chi esce. Era così anche prima. Quando il «boschetto di Rogoredo» riempiva i telegiornali in prima serata. Adesso però c’è un problema nuovo: con che cosa stanno tagliando la sostanza?”
“Sui corpi dei ragazzi – continua l’articolo-inchiesta – s’allargano negli ultimi mesi infezioni. Piaghe profonde. Ulcere. Bruciature chimiche. Non solo sulla pelle di chi inietta. Anche chi fuma”. Simone Feder con il suo gruppo di volontari distribuisce cioccolato, tè caldo, merendine, biscotti, acqua, panini con l’hamburger, cracker, pantaloni e maglioni perché fa già freddo, coperte, sacchi a pelo, ma pure garze e disinfettanti.
Nella distesa di rovi molti ci dormono dentro dopo essersi fatti. Racconta Feder: “Ragazzini con meno di 14 anni purtroppo ne avevamo già avuti. Meno di 13 mai”. Aggiunge sconsolato: “Quanta solitudine c’è in questi ragazzi”. Ha scritto un libro, “Alice e le regole del bosco”, in cui racconta di
una ragazzina normale – di famiglia, di scuola, di amicizie – che i suoi mai avrebbero pensato che potesse finire lì. C’è che adotta la precauzione di “non bucarsi lì dentro, ma fuori, in un posto che conosco” perché “qui può succedere qualunque cosa”. Altri accorgimenti: tenere in tasca un documento; segnare un numero da chiamare; non restare senza batteria; mettere il nome sulla borsa.