Circa 150 mila bambini e adolescenti con disturbi neuropsichiatrici e neurologicicurati in Lombardia l’anno scorso, di cui 124 mila assistiti negli ambulatori e 28 mila finiti in pronto soccorso.Ma secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità il bisogno potrebbe riguardare fino a 250 mila ragazzi. Dati che definire allarmanti è poco.
Quali sono i campanelli d’allarme a cui prestare attenzione? In un articolo su “Il Corriere della Sera”, Sara Bettoni l’ha chiesto a Alessandro Albizzati, primario all’Asst Santi Paolo e Carlo. “La premessa – afferma – è che bisogna evitare di identificare la propria adolescenza con quella dei propri figli. Le adolescenze sono andate progressivamente differenziandosi. Questa generazione vive con i device sempre in mano, come smartphone e tablet, ha la tecnologia e i social network. Non è questione di fare guerra a questi strumenti, ma di gestirli. E più i genitori sono ‘anziani’, meno sono capaci di gestirli”.
Veniamo ai campanelli d’allarme. Il primo e più importante riguarda le relazioni. “Un indicatore da non sottovalutare è il disimpegno sociale, la diminuzione dei rapporti soprattutto con i coetanei. Le relazioni con gli amici sono fondative in adolescenza. Una progressiva riduzione delle relazioni che va verso l’isolamento deve allarmare». Anche in una generazione abituata a intessere amicizie virtuali. In questo rientrano anche i vituperati social network, che sono comunque un contesto di relazioni..
C’è poi la scuola. “Non va sottovalutato quello che accade in classe – dice Albizzati nell’articolo -. È lecito che i genitori non annullino le proprie aspettative. Un figlio forte le sa affrontare e contrastare, se necessario.Ma la famiglia deve anche capire quando ridimensionare le proprie richieste”. Scuole che peraltro sono, come commenta, “sotto bombardamento”. “I licei milanesi, classici e non, hanno – specifica – una richiesta di performance alta su cui non flettono. E vedo anche poca propensione alla sperimentalità. Da anni chiediamo che si vada oltre la nozione e il profitto. Mentre vedo più apertura negli istituti tecnici e di periferia, dove gli insegnanti sanno in partenza di dover affrontare situazioni difficili”.
Terzo campanello: il corpo. Soprattutto le ragazze che lo tagliano, lo bruciano, lo affamano, lo cambiano per manifestare il proprio malessere. E per cancellare le tracce di questo martirio, lo coprono.
Arriviamo al quarto segnale, identificato nell’espressione della rabbia. “Tra i ragazzi c’è una bassa capacità di sopportare la frustrazione -, devono imparare che c’è una reazione a ogni azione fin da piccoli, una questione di sanzioni”.
Cosa fare quando suonano questi campanelli? Prima ancora della psicoterapia, per Albizzati “è importante fare qualcosa di attivo”. Lo sport, il volontariato, lo scoutismo, ma anche i centri sociali, in cui confrontarsi con ragazzi più grandi, possono essere una risposta al disagio. “Oltre e più che di psicologi e neuropsichiatri, abbiamo bisogno di educatori. Ed è spaventoso come il loro ruolo sia così poco riconosciuto”.